Lezioni dalla Spagna

Lezioni dalla Spagna

Per mesi abbiamo guardato con apprensione al vento di Destra che spira dall’Est europeo pronto a travolgere la magnifica e progressista Europa occidentale. E non siamo stati pronti ad accorgerci di quella refola che arriva dalla Spagna, che negli ultimi anni abbiamo additato come modello in campo socialista. La cui Sinistra, però, sembra più spaccata delle nostre, incapace di accordarsi neppure in nome della RealPolitik, cosa che invece ai nostri, quando si tratta di governare, riesce ancora piuttosto bene, almeno all’inizio. E così se il Leader socialista Sanchez non trova – come sembra non voler trovare – una quadra con Podemos si rischia di andare alle quarte elezioni in quattro anni. Con sommo gaudio dei Popolari – che invero ancora rappresentano una Destra tutto sommato moderna ed europea – e soprattutto di Vox, di libera ispirazione franchista, portatore delle istanze più oscure e retrive del popolo spagnolo, di quelli ambienti rurali lontani dalle grandi città cariche ancora di tensioni positive, che per una strana legge elettorale, che neanche gli italiani avrebbero saputo concepire, dà più diritto di rappresentanza. Non ci dilunghiamo ancor di più nel complicato quadro spagnolo, dove pure le istanze catalane di autonomia e/o separazione trovano ampio spazio e peso. Proviamo a vedere se in qualche modo ci sono parallelismi ed esempi da seguire (o soprattutto da non seguire) per la nostra povera Italia. Lì non si ha paura di votare, andando sino all’estremo come detto di quasi quattro elezioni in altrettanti anni. Qui abbiamo assistito ad acrobazie da circo per tenere in piedi la legislatura. Lì la Sinistra tutto sommato tiene. Perderà qualcosa, ma Socialisti e Podemos hanno ancora un tesoretto da spendere, a patto che lo vogliano spendere. Qui gli omologhi del movimento spagnolo, i Cinque Stelle, sono lontani anni luce dalle percentuali similbulgare di poco più di un anno fa. E rischiano di diventare un vuoto simulacro. Inglobati nei riti della politica tradizionale, hanno perso il loro appeal. E i loro voti dove sono andati? In una Sinistra ancora alle prese con bizantinismi, scissioni e lacerazioni? O nella Destra di Salvini che ha ripreso tanti degli slogan grillini, ha già fatto man bassa nell’Umbria e si appresta a fare altrettanto nella rossa e civile Emilia Romagna? La spagnola Vox è obiettivamente ancora più a destra della Lega, ma i due partiti si nutrono dello stesso cibo: la paura dei cittadini, innanzitutto, sentimento che la Sinistra non riesce proprio a intercettare. O meglio a disinnescare, limitandosi a un vago senso di superiorità verso chi non vuole i migranti o chi chiede più sicurezza. L’avversione verso il politichese e le formule derivanti. Tutto si può dire di male di Salvini, ma non che non parli chiaro. I suoi gesti sono elementari. Netti. Precisi. La pancia è la medesima di chi lo vota. Queste continue liti nel governo continuano a sfibrare gli italiani, che proprio non le capiscono. E ingrassano i voti del Matteo di destra. E anche un pochettino di quello di sinistra. Con Renzi che furbescamente sta facendo una politica di lotta e di governo. Forse la risposta verrà proprio da un centro moderato? Una nuova Dc capace di dare risposte alle esigenze più disparate? A noi sembra invero il tentativo di un manipolo di dirigenti, di un pezzo di classe politica che tenta di ritagliarsi uno spazio chiamando a sé chi quelli spazi non trova più, vedi a esempio Forza Italia che va verso l’estinzione. Ma non è una risposta per governare il Paese. Lì ci vogliono le migliori forze del centrosinistra. Un tesoretto di tempo – se non più di voti – c’è. Si approfitti di questi mesi, che potrebbero anche diventare anni, per dare risposte vere agli italiani e il vento di destra potrebbe anche fermarsi alle frontiere. Il vero coraggio sta nel ricreare tutto, sta nel cambiare le classi dirigenti, ormai immutabili come la stagioni, guardare nella società civile quelle menti capaci di trovare risposte proprio perché imperniati di bisogni e esigenze comuni. Il coraggio sta nel creare, e non solo nello sventolare, un vero partito laburista.
Rosaria Cataletto
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Spara ai braccianti. Arrestato un imprenditore

Spara ai braccianti. Arrestato un imprenditore

E’ il titolo che è apparso in queste ore su giornali e siti di tutta Italia. E che offre uno spaccato, inquietante, della nostra realtà, da cui noi, e i nostri politici, siamo lontani mille miglia nelle nostre città a discutere e filosofeggiare sulla buona accoglienza, sui diritti del mare, su porti chiusi o aperti. E chi ha avuto la (s)fortuna di arrivare in Italia (sfortuna rispetto a qualche altro Paese europeo) si trova a che fare con degli incubi. Perchè in questo caso siamo all’estremo di una situazione. Per arrivare a sparare contro delle persone un minimo di personalità delinquenziale la si deve comunque avere. Da segnalare il fatto che non siamo nel profondo Sud, Puglia o Calabria, terra di Capolarato. Ma nel Lazio, a Terracina. Preoccupa anche l’età dell’imprenditore, 35 anni: un giovane, chi per definizione dovrebbe avere una mentalità più aperta. Preoccupa, ma è conosciuto, tutto ciò che era nascosto dietro quelli spari con il fucile a pompa, dietro quell’arma puntata alla gola di cinque braccianti indiani per “spronarli” a lavorare di più: possiamo immaginare che gli extracomunitari vivessero in condizioni agiate, con busta paga regolare e diritti lavorativi acquisiti? Noi non ci riusciamo. Forse vivevano come migliaia di altre risorse, forza lavorativa nei campi di cui nessuno se ne vuole più occupare se non poveri disperati con paghe da fame. Preoccupa che non sia successo nel profondo Sud ma nel Lazio, la terra amministrata da Zingaretti partner di governo dei Cinque Stelle. Il quale è intervenuto, ha condannato, ha tuonato, come si dice in questi casi. Ma che a questo punto dovrebbe intraprendere una battaglia politica seria, a nome dei Democrat, contro un fenomeno che è più diffuso di quanto si creda, almeno per chi ha la benda sugli occhi. Chi ci vede bene, o almeno si sforza di farlo, capisce che il Capolarato è un fenomeno odioso, che fa anche comodo all’economia agricola italiana, che da qui a sconfinare alla Schiavitù il passo è breve, molto più di quanto si pensi, se non si attivano, in tempi rapidi, la Giustizia, ma anche le forze sociali che qualcosa possono fare nel campo della prevenzione.
Rosaria Cataletto
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Vecchia leva, nulla muove.

Vecchia leva, nulla muove.

L’odio a cui si sta assistendo in questi ultimi anni-specie sulla scena politica italiana- è la chiara dimostrazione che manca una declinazione sana di essa,che colmi quell’assoluto vuoto, che ognuno attribuisce all’altro, così esponendosi a fallimenti reiterati, per l’assenza di una proposta seria è largamente condivisibile.
Manca un programma adeguato alla sinistra, che-con l’avvento del divisivo Rignanese ha fatto da viatico a Capitan Fracassa. Manca,ovviamente,alla destra che cavalca l’onda della insoddisfazione,fomentando rancori tra gli elettori,tra i quali si scatenano penose guerre tra gli ultimi. Basta andare sui social, basta concentrarsi sulla stampa, per notare come il sentimento dell’odio ha invaso le nostre coscienze. E mentre Freud sosteneva che l’odio è primario e l’amore un tentativo di riparazione, Lacan aggiungeva che l’odio proviene dal rigetto di una padronanza di un qualcosa che poi si rivela illusoria. Da qui l’odio per l’altro che ha coinvolto anche molte teste pensanti. Il migrante, il derelitto,il rom, l’emarginato,sono diventati i bersagli preferiti.Completamente incapace la politica della sinistra,di rispondere a quella forma di angoscia circa privilegi estirpati, dal migrante o dallo straniero, lascia il campo libero ai pifferai,e ora, a Capitan Fracassa di strumentalizzare questa stessa
angoscia per attrarre sempre più consensi.Il terrore di PERDERE certezze,conquiste e benessere ha generato questo folle svolta.E’ bastato un altro millantatore decisionista,dopo Renzi,per cambiare in un breve lasso di tempo soprattutto le comunicazioni di massa. Tutto questo si consuma nella più completa indifferenza di quelle forze politiche che avrebbero dovuto essere accanto agli ultimi, ai bisognosi,ai senza tutele. La nostra Italia non è più terra di accoglienza. Ancora oggi, in piena crisi governativa, vere e proprie faide si fanno la guerra a suon di messaggi, di scritti, di offese, dove chi ferisce di più prevale. E mentre la destra predica e semina odio,afasia,abulia e ignavia connotano quello schieramento che dovrebbe fare FEROCE opposizione. Il Silenzio la fa da padrone;sono paralizzati dal terrore di perdere quelle poltrone,che hanno solo RISCALDATO,in tantissimi. Parole a go-go, ma incapacità assoluta di proporre soluzioni a quell’elettorato che ogni volta, ormai da oltre trent’anni, gli rinnova puntualmente la fiducia, per poi essere sistematicamente disilluso. Inciuci di palazzo, accordi segreti, corse vertiginose da un ufficio all’altro, ora chiedendo consenso, ora chiedendo appoggio. L’importante è che dopo questo grande fermento tutto resti invariato(sono i nuovi GATTOPARDI).Eppure, a questa palude, fa da contraltare tutta una società civile che ogni giorno fa sacrifici immani per esorcizzare le tante angosce e tenta di arginare queste mostruose ondate di odio,che si sono impadronite di tanti,anche quelli con un background di sinistra.Non ci rendiamo conto che ancora conserviamo il grande privilegio del voto,e basterebbe-dopo anni di chimere e sirene, di demagogia sparsa a piene mani,sforzarsi di capire di cosa veramente abbiamo bisogno e avere il coraggio di provare a progettare un futuro,che dia speranze soprattutto alle giovani generazioni,sempre più smarrite.Non c’è il coraggio di produrre un radicale cambiamento. Continuiamo a essere prigionieri dell’angoscia di perdere ciò per cui tanto ci siamo sacrificati. Ma forse ancora non è chiaro che il perseverare in questo atteggiamento,è il modo più sicuro di mettere a repentaglio certezze e conquiste,che non sono mai per SEMPRE.Mettiamo in campo la nostra passione, mettiamo a servizio di tutti le nostre competenze, le nostre abilità, mettiamo a disposizione del bene comune, della collettività il nostro sapere, il nostro entusiasmo. Smettiamola di guardare a miti costruiti sui fallimenti.Proviamo a fare un atto di coraggio, costruendoci il futuro.Proviamo a garantire ai nostri figli la possibilità di rimanere nella loro terra,privilegiando la meritocrazia,ed eliminando privilegi e sinecure.Parliamo senza timore di ambiente, di Sanità pubblica e garantita per tutti. Proviamo a chiedere di modificare e sfoltire la sterminata normativa,che oltre a bloccare e strozzare la piccola e media imprenditoria,fa prosperare il cancro della corruzione.Troviamo la forza di dire alle banche che devono essere sempre più trasparenti.Abbattiamo i muri ma garantiamo soprattutto lavoro e dignità a chi chiede ospitalità nella nostra terra. Lavoro non schiavismo. Difendiamo il diritto alla casa, la prima casa dovrebbe essere un diritto di tutti,senza discriminazioni.Si investa molto di più in istruzione e ricerca,onde far lievitare l’offerta di lavoro.E si creino le condizioni perché ci si avvicini a quel modello solidale e virtuoso,che fece dire al Grande e Compianto Adriano OLIVETTI che un dirigente non può guadagnare dieci volte più del salario di un dipendente.
E’ solo una questione di coraggio.
Le rivoluzioni si fanno con i progetti.
Il nulla ha sempre tuonato da quelle aule. E il nulla porta angoscia. L’angoscia della perdita porta l’odio.

Rosaria Cataletto

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