Scongiurare la catastrofe climatica e ambientale, costituisce la sfida numero uno del
nostro tempo: ne va della sopravvivenza della civiltà e della stessa specie umana. Ma non
è possibile vincere la battaglia se si persevera nelle pratiche imposte dall’ideologia
neoliberista. Lo dimostra, a livello globale, la tenace resistenza di governi e gruppi
economici nel rinunciare ai combustibili fossili e ad ogni tipo di agenti inquinanti. Lo
dimostrano, nel nostro Paese, le tonnellate di rifiuti tossici consegnati dalle industrie alla
mafia e alla camorra per evitare le spese di smaltimento. Lo dimostrano ancora le
omissioni e i colpevoli ritardi di intervento sul territorio (V. ad esempio gli impianti di
Taranto, di Milazzo e tanti altri).
È per ciò che la questione ambientale è strettamente connessa con tutte le altre questioni
politicamente rilevanti. Lo è innanzitutto con la politica estera, perché nessun paese, da
solo, può portare a soluzione un problema che, per sua natura, coinvolge l’intero pianeta.
Nessuno può dare risposte isolandosi in uno sterile e miope nazionalismo. L’Italia, dunque,
deve farsi elemento propulsivo in tutte le sedi internazionali, a cominciare dall’Europa, ma
non limitandosi ad essa. Deve operare attivamente per la composizione dei conflitti e per
la fine di tutte le situazioni di sfruttamento e di saccheggio delle risorse che rendono
sempre più aride e inabitabili vaste aree dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia. Non ci
sono muri né politiche dei porti chiusi che possano contenere i flussi migratori finché
questi problemi non siano risolti.
Quanto la questione ambientale sia connessa con le politiche economiche, è del tutto
evidente: Tutti i fattori di degrado e di inquinamento ambientale sono derivati dalle
modalità con cui si svolgono le attività produttive e di consumo. Combustibili fossili,
materie plastiche, pesticidi e altre sostanze tossiche;, uso dissennato di oggetti non
durevoli che finiscono rapidamente in discarica; deforestazione, dissesto del territorio:
sono queste le principali cause cause di rischio ambientale.
Basta ciò per mostrare l’insussistenza del dogma fondativo di ogni ideologia liberista:
quello secondo cui basterebbero le logiche di mercato per ottimizzare le attività produttive
e di scambio.
La questione ambientale è, ancora, connessa alle politiche agricole. Lo è, intanto per l’uso
dissennato che si è fatto fino ad ora di pesticidi che, tra i suoi molteplici effetti negativi,
rischia di determinate la scomparsa delle api (necessarie alla riproduzione di quasi tutte le
specie vegetali superiori). Lo è, più in generale, per la scarsa attenzione alla biodiversità e
alla complessa interazione tra le diverse specie animali e vegetali.
E’ ancora connessa alla politica delle infrastrutture e del territorio. Lo è alle politiche della
formazione, della ricerca e delle attività culturali in genere, perché solo una
consapevolezza ampia e diffusa può permettere di dare risposte ai problemi aperti.
Noi diciamo che è necessaria e urgente, innanzitutto, una riconversione economica che
punti ad un sistema circolare. Ciò significa che ogni bene prodotto deve poter rientrare, al
termine della propria funzione, in un nuovo ciclo di produzione-consumo. È ciò che
avviene, per esempio, con le energie rinnovabili, con l’uso di materiali immediatamente
degradabili, con il riciclo dei manufatti e dei loro componenti. Siamo consapevoli che un
obiettivo siffatto non può essere interamente raggiunto in pochi mesi e neppure in pochi
anni, ma bisogna iniziare subito e procedere in fretta perché il tempo concesso al pianeta
non è illimitato!
Si può perseguire l’obiettivo, innanzitutto, utilizzando la leva fiscale. Ciò significa tassare
più pesantemente le attività e i prodotti maggiormente inquinanti e sgravando, invece, ogni
attività e ogni consumo che sia compatibile con la difesa dell’ambiente. Ciò, del resto,
risponde al principio che chiunque produca un danno ambientale debba farsi carico degli
oneri futuri che graveranno sulla società. Fino ad ora abbiamo goduto di benefici
defraudando le generazioni future e quelle più giovani.
Ove la leva fiscale non basti è necessario ricorrere a leggi rigorose che impongano
obblighi e divieti.
Il primo obiettivo da raggiungere è la riconversione energetica facendo ricorso al solare,
ma anche all’eolico e alle biomasse, fino alla totale messa al bando dei combustibili fossili.
Ciò comporta la graduale sostituzione dei mezzi di trasporto a benzina e gasolio, a
cominciare da quelli pubblici, con mezzi a trazione elettrica. Il passaggio va incoraggiato e
sostenuto da incentivi, ma anche dall’obbligo graduale di impiantare colonnine di
distribuzione nei parcheggi e nei luoghi di sosta.
Va inoltre incentivato il trasporto pubblico e la creazione di aree pedonali, anche al fine di
decongestionare le città consentendo una migliore fruizione degli spazi. Vanno posti anche
obiettivi di incremento del verde pubblico, sia sostenendo in ciò i comuni più virtuosi, sia
obbligando quelli in ritardo.
Analogamente vanno posti obiettivi inderogabili per la raccolta differenziata dei rifiuti e il
relativo riciclaggio, con sanzioni e pene severe per gli abusi. Allo stesso tempo è
necessario costituire un sistema efficiente e informatizzato di monitoraggio e di controllo
su tutti i rifiuti speciali e sulle modalità di smaltimento. Per i trasgressori, anche parziali,
delle norme, vanno stabilite pene pecuniarie e detentive sufficienti a scoraggiare ogni
abuso, anche perché le mafie si combattono innanzitutto colpendo i loro committenti.
Il risanamento e il riuso degli edifici inutilizzati deve divenire una priorità per tutte le
amministrazioni pubbliche, con incentivi e sanzioni, sia per le amministrazioni
inadempienti, sia per dirigenti e funzionari responsabili. Un piano complessivo per il
risanamento del territorio deve prevedere la messa in sicurezza delle vallate, delle coste,
dei fiumi e dei torrenti.
L’edificabilità dei terreni deve essere, invece, commisurata al fabbisogno edilizio e
all’andamento demografico, tenendo anche conto del patrimonio edilizio inutilizzato e dei
locali sfitti, su cui va costituita una banca dati.
Va incoraggiata con incentivi economici la costituzione di aziende agricole e la
commercializzazione dei prodotti a filiera corta, con sgravi fiscali per i prodotti consumati a
breve distanza dal luogo di produzione e privilegiando le coltivazioni biologiche. In ogni
caso va intensificato e reso efficiente il controllo sull’uso di pesticidi, sia sul piano
quantitativo che qualitativo. La posta in gioco è la sopravvivenza di specie biologiche
essenziali all’equilibrio del pianeta: prime tra tutte le api, già più volte minacciate di
estinzione.
Al fine di evitare la scomparsa di specie e varietà in via di estinzione, andrebbero riviste
anche le norme restrittive sulla commercializzazione di sementi.
Un discorso a parte va fatto sugli O.G.M., a causa anche delle legislazioni oscillanti in
Italia e in Europa. Va tenuto presente che i rischi maggiori non sono quelli connessi alla
nocività o meno sulla salute umana di uno specifico organismo geneticamente modificato,
ma quelli che derivano dall’immissione di esso nell’ambiente. Tutte le specie viventi, infatti
(e sono milioni), interagiscono tra loro determinando effetti protratti nel tempo e del tutto
imprevedibili. Un farmaco può essere ritirato dal commercio dopo decenni, se se ne
accerta la nocività. I mutamenti della biosfera determinati dall’immissione di un O.G.M.,
quando si saranno rivelati, potranno essere, invece, irreversibili.
A ciò si aggiunge il progressivo e sempre più esteso controllo monopolistico sulle specie,
sulla loro riproduzione, sulle condizioni di sopravvivenza. È per ciò che la battaglia per la
messa al bando dev’essere totale e senza eccezioni, salvo che essi non vengano usati
rigorosamente in laboratorio e in ambienti controllati per fini specifici e particolari. Deve
essere invece vietata, sotto qualunque forma, la loro immissione nell’ambiente naturale.
Contributo: Renato Migliorato